No. No. No.
Lei, se mai dovesse essere seduta su una panchina in un parco inizierebbe a commentare con vena acida e brontolona l'atteggiamento di chiunque passi (da qualcuno devo pur aver preso). Lei è una nonna in prima linea, è una piccola bulla del supermercato, che nessuno osi intrappolare lei e il suo carrello in un ingorgo. In macchina ha l'atteggiamento tipico dei rappresentanti, quelli che in auto loro malgrado ci passano le giornate e odiano quelli che invece hanno la guida da "gitarella". Al volante impreca, eh si, e i suoi massimi rivali sono i ciclisti. Odia i ciclisti di Paesuncolo (che a Milano avrebbero una vita media di 3/4 secondi, prima o poi dovrò fare un post riguardo ai ciclisti di Paesuncolo, che sono una vera razza a sè). Attacca bottone con chiunque e ovunque, per lo più iniziando con frasi che mettono in vistoso imbarazzo le sue nipoti. E' una persona che vive in anticipo, se si deve uscire alle 8 lei alle 7 è già fuori, uscivo dalle elementari alle quattro e mezza, alle quattro vedevo già la macchina parcheggiata. Dice di non sopportare la telefonata che tutte le domeniche mattina le fa sua sorella, ma se tarda o non chiama, inizia a chiedersi il perchè. Se mia nonna è sveglia TUTTI devono essere svegli e se non lo sono ci pensa lei a svegliarli con gesti che hanno poco a che vedere con la grazia di una ballerina.

E' nata e cresciuta in città, ha studiato fino ai 19 anni, quando studiare era un vero privilegio. La guerra l'ha vista, era solo una ragazzina, ma nella sua mente vive ancora l'immagine di suo padre con la schiena al muro.
Aveva solo ventun anni quando ha incontrato un ragazzo francese con il sogno di diventare pittore. Si è innamorata e dopo un anno con la mia mamma in grembo, si è sposata quel bellissimo ragazzo con la testa piena di sogni. Dopo il matrimonio ha vissuto con i suoi suoceri: una suocera che si è sempre rifiutata di imparare l'italiano e un suocero padre-padrone (così dicono i racconti).
Giovane e inesperta lavorava in una ditta di trasporti: a lei il compito tenere in riga decine di camionisti.
Ha lavorato una vita intera, i sogni libertini di quel ragazzo francese non bastavano a mettere in tavola pranzo e cena per quattro persone e poi l'ha accudito come un bambino, il suo pittore francese, quando si è ammalato. Una stanza in casa attrezzata come una camera d'ospedale. Un letto con pesanti sbarre di ferro, flebo e siringhe. Fino alla fine.
E quando suo malgrado ha smesso di occuparsi di suo marito si è fatta carico dei suoi nipoti. Ne ha cresciuti tre senza chiedere niente a nessuno. Certo, si lamentava e si lamenta ancora oggi, ma non appena le si diceva che ci avrebbero portato da una baby sitter....per carità, i suoi nipoti li avrebbe curati lei e così ha sempre fatto.
Da sempre io me l'abbraccio tutta, la stringo forte, me la stritolo bene, le do mille baci e lei che ripete "sta so de dos" (= alzati). La chiamo tutti i giorni e mi risponde dicendo "te set amò tèè" (= sei ancora tu), ogni volta che le si chiede "come stai?" non inizia elencando acciacchi legati all'età, no, non è da lei, risponde con un sonoro "me sto mei de te!"
Da quando tutti e tre abbiamo finito il liceo, quella casa si è un po' svuotata, ma lei non si è fatta scoraggiare dalla sindrome del nido vuoto: un corso di nuoto, giri al mercato due volte a settimana, spesa al supermercato e da ultimo...
"voglio un computer!"