19 marzo, festa del papà.
Come ogni 19 marzo ho mandato un messaggio al mio di papà. "Buona festa del papà".
Noi non abbiamo quel rapporto fantastico di cui varrebbe la pena scrivere, no, per quanto l'avremmo voluto non ce l'abbiamo, per quanto ci ostiniamo a decantarlo, quel bel rapporto padre – figlia noi non l'abbiamo mai avuto.
Ci sentiamo spesso, in continuazione, ma sempre senza dirci mai nulla. Mi chiede come sto e gli dico sempre bene. Gli chiedo come sta e dice che è un po' stanco, ma sta bene. Il nostro rapporto è basato su quello: la certezza che l'altro stia bene, anzi, la certezza che l'altro ci dica che sta bene.
Quando dopo essere andata a trovarlo scendo le scale, spesso scende con me, come se sapesse che non abbiamo finito, che c'è qualche verità in più da dirsi, ma poi mi controlla le gomme della macchina e mi ripete "piè veloce, mi raccomando, stai attenta". E con quel "stai attenta" prima di mettermi in auto finisce tutto. Finisce quel tentativo, quel tempo supplementare.
Io dal canto mio non credo di aver mai provato davvero a creare quel rapporto, nemmeno so se sarei in grado di sopportare quella complicità che forse vado cercando con lui, io sono introversa, non parlo di me, non condivido nulla ed è questione di codice genetico, perchè dall'altro capo la sinfonia è la stessa.
Mio papà non è una persona buona, forse di più, molto di più. È generoso e nonostante abbia due figli e provi a non far differenze, io ho sempre avuto una corsia preferenziale, difficilmente mi ha detto no, forse solo quando volevo un cavallo da mettere nel giardino del nonno.
In vita sua mi ha dato una volta una sculacciata e chi ci è rimasto peggio non sono stata io.
Mio papà è uscito zoppicando dal divorzio, ci ha messo tanto, troppo tempo a raddrizzare le spalle e alzare la testa e questo l'abbiamo pagato noi.
Si è trovato con due bambini capricciosi che forse nemmeno capivano cosa succedeva, ma lì, non era il momento di sopravvivere per loro, era il momento di riprendere a vivere con loro.
Mi ricordo una gita all' acquario di Genova. Una domenica a sciare. Tante fiere dei camion. I sabati pomeriggio in un negozio di modellismo dove accompagnavamo Fratello a far girare delle macchinine. Le domeniche in giro per palazzetti dello sport per le gare. Le paste al pesto. Il silenzio militare. I sabati pomeriggio in centro.
Poi credo sia la norma: si cresce e ci si allontana dai genitori. Per me non è stato così, più crescevo e più mi legavo a doppio filo a mia mamma, mi ci sono attorcigliata per anni, sempre più stretta, sempre più dipendente da lei a discapito del rapporto con mio papà, forse.
Lui non è quello che chiamo quando devo prendere una decisione, lui è quello che la viene a sapere quando si sono già esaminati pro e contro, ma questo credo sia un peso di cui faccia volentieri a meno. Forse un giorno impareremo a comunicare o forse no, forse ci accontenteremo sempre di quelle frasi spezzate dette o scritte. Quelle frasi che se fossimo un po' più onesti non si spezzerebbero dopo un "bene e tu?".
La festa del papà è passata, invidiavo un po' F che è uscita prima da lezione perchè "devo fermarmi a prendere qualcosa per il mio papà".
Domani per fare un po' ammenda di quel messaggio sciapo lo chiamo e gli chiedo se ha appurato che il pezzo mancante della mela sull'iPad non è un cristallo liquido rotto, ma il simbolo della Apple.
Come ogni 19 marzo ho mandato un messaggio al mio di papà. "Buona festa del papà".
Noi non abbiamo quel rapporto fantastico di cui varrebbe la pena scrivere, no, per quanto l'avremmo voluto non ce l'abbiamo, per quanto ci ostiniamo a decantarlo, quel bel rapporto padre – figlia noi non l'abbiamo mai avuto.
Ci sentiamo spesso, in continuazione, ma sempre senza dirci mai nulla. Mi chiede come sto e gli dico sempre bene. Gli chiedo come sta e dice che è un po' stanco, ma sta bene. Il nostro rapporto è basato su quello: la certezza che l'altro stia bene, anzi, la certezza che l'altro ci dica che sta bene.
Quando dopo essere andata a trovarlo scendo le scale, spesso scende con me, come se sapesse che non abbiamo finito, che c'è qualche verità in più da dirsi, ma poi mi controlla le gomme della macchina e mi ripete "piè veloce, mi raccomando, stai attenta". E con quel "stai attenta" prima di mettermi in auto finisce tutto. Finisce quel tentativo, quel tempo supplementare.
Io dal canto mio non credo di aver mai provato davvero a creare quel rapporto, nemmeno so se sarei in grado di sopportare quella complicità che forse vado cercando con lui, io sono introversa, non parlo di me, non condivido nulla ed è questione di codice genetico, perchè dall'altro capo la sinfonia è la stessa.
Mio papà non è una persona buona, forse di più, molto di più. È generoso e nonostante abbia due figli e provi a non far differenze, io ho sempre avuto una corsia preferenziale, difficilmente mi ha detto no, forse solo quando volevo un cavallo da mettere nel giardino del nonno.
In vita sua mi ha dato una volta una sculacciata e chi ci è rimasto peggio non sono stata io.
Mio papà è uscito zoppicando dal divorzio, ci ha messo tanto, troppo tempo a raddrizzare le spalle e alzare la testa e questo l'abbiamo pagato noi.
Si è trovato con due bambini capricciosi che forse nemmeno capivano cosa succedeva, ma lì, non era il momento di sopravvivere per loro, era il momento di riprendere a vivere con loro.
Mi ricordo una gita all' acquario di Genova. Una domenica a sciare. Tante fiere dei camion. I sabati pomeriggio in un negozio di modellismo dove accompagnavamo Fratello a far girare delle macchinine. Le domeniche in giro per palazzetti dello sport per le gare. Le paste al pesto. Il silenzio militare. I sabati pomeriggio in centro.
Poi credo sia la norma: si cresce e ci si allontana dai genitori. Per me non è stato così, più crescevo e più mi legavo a doppio filo a mia mamma, mi ci sono attorcigliata per anni, sempre più stretta, sempre più dipendente da lei a discapito del rapporto con mio papà, forse.
Lui non è quello che chiamo quando devo prendere una decisione, lui è quello che la viene a sapere quando si sono già esaminati pro e contro, ma questo credo sia un peso di cui faccia volentieri a meno. Forse un giorno impareremo a comunicare o forse no, forse ci accontenteremo sempre di quelle frasi spezzate dette o scritte. Quelle frasi che se fossimo un po' più onesti non si spezzerebbero dopo un "bene e tu?".
La festa del papà è passata, invidiavo un po' F che è uscita prima da lezione perchè "devo fermarmi a prendere qualcosa per il mio papà".
Domani per fare un po' ammenda di quel messaggio sciapo lo chiamo e gli chiedo se ha appurato che il pezzo mancante della mela sull'iPad non è un cristallo liquido rotto, ma il simbolo della Apple.