Il mio stomaco era talmente in subbuglio che non ho nemmeno pranzato.
L'agitazione era troppa, l'ansia seguiva a ruota.
L'agitazione era troppa, l'ansia seguiva a ruota.
Troppi nomi, troppe cose da ricordare, un mondo che non conoscevo.
Dovevo capire come funzionava la vita lì dentro. Capire i ritmi e come ci si muoveva.
Credo che per la prima settimana sono io sia stata sempre seduta in punta alla sedia. Sempre.
Tutta gente molto più grande di me, il telefono che continuava a squillare e parlavano per ore di assegni, fatture e amenità che non conoscevo. Ci ho messo un po' a sedermi tranquillamente sulla sedia, a rilassare le spalle e prendermi il tempo per fare le cose. Ho capito che chiedere se non ero in grado di fare qualcosa non era un dramma, ma ogni tanto era anche esaltante buttarmi a capofitto e vedere cosa ne usciva (per esempio quasi un'ora per inviare un fax. Tra improperi e espressioni del tipo "chi cavolo usa ancora il fax oggigiorno?"). Con il tempo ho capito come funzionava il tutto, no, il fax non l'ho mai capito e si sono arresi e ho iniziato a prendere il lato positivo del tutto. In un ufficio si vede l'umanità più varia.
Il secondo primo giorno non ha avuto molto a che vedere con il primo. Anzi. Ero emozionatissima. Era un sogno. Era tutto bellissimo. Tutto oltre le aspettative.
Nemmeno lì sapevo come muovermi, come interagire con gli altri, come capire chi erano quelli davvero importanti a cui non rompere le scatole con stupide domande. Essere in una grande stanza con altri 5 stagisti ha aiutato, guardare fuori ed essere in piena Manhattan anche. Lì non sono mai stata seduta sulla punta della sedia, lì mi ero ripetuta un mantra prima di partire "buttati nelle cose, è un'esperienza che capita solo una volta nella vita" e così ho fatto. Per tre mesi mi sono completamente lasciata tirare dalla corrente, che poi a NYC non si chiama corrente, si chiama vita.
L'ambiente di lavoro era stimolante, avevo a che fare con persone che mai mi ricapiteranno, ho incontrato gente che nemmeno sommando il resto della mia vita. Nonostante fossi lassù al quarto piano, l'ultima ruota del carro ci si sentiva importanti. Uscire e sopra la testa sventolava la bandiera italiana, faceva sentire l'orgoglio per la terra di appartenenza. Si quel primo giorno, ma tutti quei giorni sono stati indelebili.
Ora non resta che vedere che ne sarà domani.
Ho già l'ansia. Diciamo che tra i miei livelli di ansia finora conosciuti siamo a metà della scala ESSE-ANSIA.
Il livello che si dorme, male ma si dorme.
Non mi sono ancora figurata scenari apocalittici. Devo star zitta. Devo ricordarmi di non dire niente se non l'ho pensato almeno tre volte, perchè quando sono agitata ho il dono di dire parecchie idiozie.
Non mi sono ancora figurata scenari apocalittici. Devo star zitta. Devo ricordarmi di non dire niente se non l'ho pensato almeno tre volte, perchè quando sono agitata ho il dono di dire parecchie idiozie.
I vestiti sono pronti sullo schienale della sedia. I capelli ho deciso che li terrò slegati, ma per precauzione, un elastico al polso ce lo metto.
Metto la collanina portafortuna e anche tutto l'armamentario portafortuna al polso.
Non ho cambiato la pila all'orologio. Dovrò guardare in continuazione l'iPhone. Non sta bene, ma io se non so l'ora sto male fisicamente.
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