
Un phon pure bruttino, parecchio rammendato, acusticamente ingombrante.
Quando ero una nanetta che vagava per casa con una scodella di capelli castani, in bagno avevamo un phon a parete, apposta per nanetti. Bianco, visivamente gradevole, di quelli che non deve esserci mamma lì, ma da vera bambina indipendente ci si poteva asciugare i capelli da sola.
Però c'era anche lui. Il phon grigio, quello "dei grandi", che poi "i grandi" era mamma. Quello con la spina, quello che si doveva tenere lontano dall'acqua, quello che se troppo vicino ai capelli se li mangiava e ne usciva un odorino di bruciato. Ma quel phon grigio era lì e io che da quando sono venuta al mondo voglio sempre qualcosa in più di quello che ho, non vedevo l'ora arrivasse il momento in cui avrei potuto usare anch'io non più il phon da bambina, ma il phon grigio.
Poi nonostante i presupposti non fossero dei migliori, sono cresciuta anch'io e ho iniziato ad usare il phon grigio. Grandi traguardi per basse persone.
Con il tempo il phon grigio è stata una di quelle cose scontate, appena dopo l'accappatoio, come un automatismo c'è lui e nemmeno sapevo di volergli bene.
Ora che Fratello ha lasciato la sua camera per altri lidi, Mater se n'è uscita con "diamogli il phon grigio vecchio, così noi ne prendiamo uno nuovo per noi".
Eresia! No! Mai! Quel phon non si muove da quel cassetto se non quando non esalerà più alcun soffio caldo.
Non lo voglio un phon nuovo, voglio quello.
Si, il phon grigio è ancora qui, con lo sconcerto materno, che ha ottenuto l'ennesima riprova di avere una progenie che rasenta i disturbi comportamentali.
Questa era la storia del phon o meglio, la storia di come io si attaccata a certe cose.
Perchè questo post si sarebbe potuto benissimo chiamare "questa è la storia dello scolapasta bianco".
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