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giovedì 31 ottobre 2013

Barriere architettoniche

- Tuo fratello ha portato su sia il vetro che i piumini?
- Ma pesano poco i piumini
- No, li ha portati su oggi

It's ok

lunedì 21 ottobre 2013

What about the city?

Ci ho provato e tanto, ma non ci riesco.
Credo potrei scrivere scemenze su qualsiasi cosa, ma non riesco a mettere due parole in fila su quello di cui ora mi premerebbe scrivere.
Non pensavo mi sarei mai trovata a fissare per più di dieci minuti una lineetta che lampeggia su una pagina bianca. Avere in testa così tante cose da voler esprimere e non riuscirci. Mi sono ripetuta più volte, "è semplice, parti a getto, poi alla grammatica ci si pensa", mais rien à faire.

Nulla che riesca ad essere all'altezza, o che riesca anche semplicemente ad avvicinarcisi.
Credevo che scrivere una parola e cancellarne quattro accadesse solo davanti alle e mail per i professori, o ai saggi, o quando devo scrivere una lettera motivazionale.

Bloccata completamente da me stessa non mi resta che cercare la sempre citata levetta da far scattare.
Poi si dice che una volta trovato e sistemato l'ingranaggio difettoso sia tutto in discesa. Ma gli stessi dicono anche che cinque pasti al giorno facciano dimagrire.


giovedì 10 ottobre 2013

La cabina

Da quando ero una nanetta alta un metro o giù di lì ho iniziato ad andare in campeggio con nonna.
La poveretta restava tre lunghissimi mesi con tre teppistelli in Romagna.
Un week end veniva mamma, un week end veniva papà, uno lo zio, uno la zia.
E ovvio il sabato era atteso con ansia, trepidazione. Andiamo alla sbarra? Possiamo andare ad aspettare alla sbarra? Stiamo lì fermissime, promesso. Non superiamo la sbarra e ogni tanto veniamo a dirtelo.
E quando quel qualcuno arrivava era festa. Arrivava con la spesa per la settimana, arrivava con qualche gioco nuovo, rigorosamente uno per uno e solitamente lo stesso ma in colore diverso per me e G.
Quando arrivava Papi ero su di giri perchè significava che ci avrebbe portato in giro con il gommone e avrei indossato quel bellissimo giubbottino arancione con il fischietto attaccato.
Quando arrivava Mater voleva dire che i nostri ristretti confini (in spiaggia a destra non superare il palo del bagno 37, a sinistra non superare il palo del bagno 35. In acqua solo tre ore dopo i pasti e solo a compiti fatti. In campeggio non si superava la montagnetta, in spiaggia senza un adulto…vade retro. In bicletta per il campeggio si, ma passare di tanto in tanto a dire nonna siamo vive)
Quei limiti con Mater sconfinavano un po', ecco, tranne i compiti, quelli anzi erano doppia o tripla razione, perchè potevamo fregare la nonna, ma Mater non la si fregava. Con Mater la domenica si andava in giro e soprattutto una volta a stagione ci portava a Mirabilandia. E Mirabilandia era una di quelle uscite da non farti dormire la sera prima per l'eccitazione e l'agitazione.
Quando arrivava zio era come se arrivasse un nostro pari, ci teneva in spiaggia non fino le canoniche 5.30, ma a oltranza, facendoci tornar su dopo le 7 con la povera nonna che avrebbe voluto ucciderlo. Lui non ci metteva la crema solare, non ci stressava con metti il cappello in testa, non ci contava le tre ore per il bagno, se non mangiavamo a pranzo, ma dopo un’ora volevamo il gelato non ne faceva un caso di stato e soprattutto ci portava a quegli scivoli ritenuti pericolosissimi da nonna. E quanto ce la tiravamo quando tornavamo in campeggio siamo andati agli scivoli d’acqua del bagno 1 e la cosa ci faceva sentire alquanto fichi all’interno del gruppo.
Quando arrivava zia per lo più non cambiava nulla, aspettavamo con ancor più ansia il week end successivo.

Ma dal lunedì al venerdì il momento più atteso dopo la baby dance e il mini club era solo uno: la cabina telefonica.
Quella povera disgraziata della nostra custode dopo averci fatto far la doccia, asciugato i capelli, cenato e fatto scegliere con la giusta dovizia per i dettagli cosa avremmo indossato per l’evento mondano che ci attendeva ci portava alle cabine telefoniche per chiamare a turno un genitore. Le liti, le corse e quant’altro, tutto non per sentire il malcapitato dall’altro capo del telefono, ma solo per mettere nel cabina i gettoni o la schedina. Appena si pronunciava la magica parola cabina, c’era la corsa sfrenata, che per lo più finiva con noi che dopo esserci accapigliati, uccisi e il più delle volte sbucciati qualche ginocchio arrivavamo e ci dovevamo mettere in fila. Le file per le cabine telefoniche erano l’incognita più incognita del mondo.
Al supermercato lo vedi dal carrello. Aspetterò 10 minuti o aspetterò un’ora? In cabina telefonica come lo si sapeva? Che ne sapevamo noi se quello davanti doveva dire un ciao, sono vivo o era una ragazza che non sentiva il fidanzato da una settimana e doveva raccontare tutto, tra cui i tradimenti consumati con gli animatori?
Noi non eravamo propriamente svegli, da metterci in tre file diverse e attendere, ma eravamo talmente rompicoglioni che qualcuno mosso da pietà ci faceva anche passare per poi pentirsi quando entravamo in cabina e si litigava.
Io faccio il numero e tu parli
Tu fai il prefisso, tu il numero e tu rispondi.
No, ha risposto ieri
Allora rispondi tu
E io? Perchè io non rispondo mai
Rispondi domani
No
E poi una volta decisi i ruoli la frase era sempre quella e quella è stata quella per anni e anni, finchè non è arrivato il cellulare.
ciao, noi stiamo bene. Stamattina siamo andati al mini club in piscina, poi abbiamo mangiato, poi abbiamo fatto i compiti, poi siamo andati al miniclub in spiaggia e abbiamo fatto il bagno, poi abbiamo fatto i balletti, poi abbiamo fatto la doccia, poi abbiamo mangiato e adesso ciao che è tardi e noi dobbiamo andare a fare la baby dance e no, non facciamo arrabbiare la nonna. Ciao.


Nonna, adesso andiamo?

sabato 5 ottobre 2013

New York #1

Che io abbia i miei tempi per capire e realizzare le cose è un dato di fatto e che io abbia iniziato tre giorni fa a vedere Il trono di Spade ne è un' ulteriore testimonianza.
è già passato un mese dal ritorno da New York e sebbene a tratti appaia molto più tempo ho appena iniziato a lasciar sedimentare le cose, le persone, gli insegnamenti e tutta quella gamma emozionale a tinte forti con cui ho convissuto.

Solo adesso riesco a mettere ordine in quei tre mesi. Appena tornata era come vivere in una tempesta di sabbia, era tutto talmente ancora vivo e forte che non riuscivo a spiegarmi, a scendere a patti con i ricordi.
Poi pian piano tutta quella sabbia si è depositata e ho iniziato a veder chiaro.

Tutto questo preambolo era mirato a introdurre l'inizio del racconto newyorkese.

Non voglio perdermi i pezzi, voglio tenermi tutto appiccicato nei ricordi, quindi scrivo.

Le fotografie saranno solo frutto di un iPhone e di un maldestro tentativo di capire cosa valesse la pena di essere fotografato a discapito di altro, quindi niente di eccezionale, niente che renda merito a come si vedevano le cose lì, a come si respiravano, a come ci si sentiva allo stesso tempo delle formiche e dei "grandi" per essere lì dove tutto succede e farlo succedere DA SOLA.




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